Come si produce un olio essenziale

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Gli oli essenziali sono sostanze ricche di proprietà benefiche. Vengono estratti dalle piante, perlopiù dai fiori, dalle foglie, dalla corteccia e dalle gemme: sono caratterizzati da un odore di solito molto intenso, e sono considerati dei veri e propri rimedi naturali in numerose circostanze.

Ci sono oli essenziali contro lo stress e l’ansia, come quello di lavanda, e oli essenziali che alleviano il mal di testa e i dolori articolari. Oli essenziali rinfrescanti, come quello di limone e di menta piperita, oppure in grado di lenire le problematiche della pelle. Oltre a quelli che abbiamo appena citato, tra gli oli essenziali più famosi e utilizzati abbiamo quello di eucalipto, di camomilla romana, di vaniglia, di gelsomino e di salvia sclarea.

Il più delle volte, comunque, ci si informa sugli effetti degli oli essenziali ma non sulle modalità con cui vengono prodotti. Esistono tre tecniche principali, ovvero la distillazione in corrente di vapore, l’uso di solventi volatili e la pressione a freddo. Fermo restando che il risultato può essere variabile, ad esempio in base alla specie vegetale che si adopera e alla sua provenienza geografica.

La distillazione in corrente di vapore

Cominciamo con il primo procedimento che abbiamo nominato, ossia la distillazione in corrente di vapore. Questa, con ogni probabilità, è una delle più conosciute: impossibile non citarla quando si parla di come si produce un olio essenziale.

La distillazione in corrente di vapore sfrutta una peculiarità fondamentale degli oli essenziali, e cioè il loro essere volatili. In termini più semplici, sono vaporizzabili e il vapore acqueo li “trascina” con facilità.

Si fa in questo modo: la pianta è inserita all’interno di un distillatore, e il vapore passa attraverso essa. Con questo stratagemma, le cellule guadagnano permeabilità e l’essenza, alla fine, fuoriesce. Il ricavato è condensato in una serpentina, nella quale si verifica la separazione tra acqua distillata e olio essenziale: il secondo è contraddistinto da una minore densità rispetto alla prima, motivo per cui rimane in superficie.

A questo punto, l’olio essenziale è purificato per eliminare ogni eventuale residuo. L’acqua distillata non viene certo gettata via: contiene una piccola quantità di olio essenziale, ed è ideale in ambiti come la cosmesi e la pulizia della casa.

Una precisazione: per la distillazione in corrente di vapore si possono impiegare le piante secche e quelle fresche. Queste ultime sono preferite, poiché sono appena raccolte e hanno una maggiore concentrazione di principi attivi.

I solventi volatili

Se volete sapere come si produce un olio essenziale, vi illustriamo anche un altro meccanismo: quello che implica i solventi volatili.

Per ottenere l’olio essenziale sono necessari solventi organici, che in linea di massima sono derivati del petrolio. Questi elementi, nei confronti delle specie botaniche, svolgono un’azione assorbente: assorbono la parte aromatica, dando origine alle cosiddette sostanze concrete nel momento in cui il solvente viene rimosso.

Queste essenze non sono riscaldate, ma al contrario sono lavorate a freddo. Hanno un odore straordinariamente simile a quello della pianta di partenza, una delle ragioni per cui questa tecnica è tanto apprezzata. L’uso dei solventi volatili è diffuso per gli ingredienti più delicati e deperibili, che sarebbero danneggiati dalla distillazione in corrente di vapore.


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La pressione a freddo 

La pressione a freddo è perfetta per la produzione dell’olio essenziale di limone, dell’olio essenziale di arancia amara, dell’olio essenziale di bergamotto e, nel complesso, di tutti quelli che si ricavano dagli agrumi.

Si inizia tagliando le bucce dei frutti a piccoli pezzetti, o macinandole direttamente. Esse vengono poi pressate con un apposito strumento, così da estrarre l’essenza.

Al giorno d’oggi, la pressione a freddo non è molto popolare sia perché è costosa, sia perché provoca la perdita di alcune proprietà dei vegetali utilizzati. Il secondo problema si risolve con la conservazione della sostanza in un refrigeratore, ma in generale metodi come la distillazione in corrente di vapore sono più convenienti per mantenere intatto l’aroma dell’olio essenziale.

Altre soluzioni per produrre gli oli essenziali 

Finora abbiamo descritto la distillazione in corrente di vapore, l’estrazione con solventi volatili e la pressione a freddo. Questi, però, non sono gli unici modi per ottenere un olio essenziale.

C’è l’enfleurage, che però attualmente è meno adoperato rispetto agli altri procedimenti. Ci si serve delle parti più tenere della pianta, come i fiori, che vengono sistemati su pannelli coperti di grasso.

Il grasso assorbe il profumo, fino a quando non ne è saturato. In un secondo momento viene sciolto nell’alcool, il che causa la separazione dell’olio essenziale. L’enfleurage è indicato per la produzione di essenze come quelle di rosa, di viola e di gelsomino.

C’è l’estrazione con alcool, che prevede semplicemente la macerazione delle foglie nell’alcool con distillazione successiva. Vogliamo menzionare anche l’estrazione con anidride carbonica, per amor di completezza, anche se questa soluzione è meno vantaggiosa (perché altera le caratteristiche dell’olio essenziale): l’anidride carbonica, a pressione elevata, diviene liquida ed è “divisa” dall’olio essenziale vero e proprio.

La conservazione degli oli essenziali

Dopo aver visto come si produce un olio essenziale, per concludere spieghiamo come si conservano queste sostanze.

C’è bisogno di un contenitore che ne preservi le qualità, come le boccette e le bottigliette di vetro scuro. Il tappo va chiuso con attenzione, affinché l’aroma non si disperda.